Celebriamo questa settimana, sabato 4 Ottobre, la festa di San Francesco d’Assisi. Trovandoci a Monte San Savino, provincia di Arezzo, abbiamo fin da piccoli subito l’influenza di questo santo nello stile di preghiera, nell’architettura dei luoghi soprattutto chiese, ma anche nella cucina essenzialmente povera.

Stando alle fonti antiche, la dieta di San Francesco prevedeva verdure semplici, povere come cavoli, cipolle e legumi oltre ad erbe selvatiche e cereali antichi quali orzo, farro. Oggi diventati prodotti da piatti salutari e super consigliati dai nutrizionisti moderni, e presenti in molti dei nostri menù invernali, un tempo erano cibi semplici di stagione spesso donati nella continua questua del poverello d’Assisi.

C’era però una cosa di cui era veramente goloso: i Mostaccioli, dolcetti di farina di mandorle, miele e mosto o uvetta e fichi secchi. Preparati amabilmente da Jacopa dé Settesoli, Francesco li richiese proprio prima di morire, in attesa della visita della nobildonna romana. Una curiosità: Jacopa, che preparò amabilmente il corredo funebre del poverello, è sepolta nella cripta della Basilica di San Francesco, di fronte alla tomba del Santo.

Chiariamo una cosa dal punto di vista storico: San Francesco, paladino della pace tra i popoli, ricordiamo la missione in Oriente presso il Saladino per placare le guerre di crociata, non era vegetariano né tantomeno vegano. Del cibo offerto non rifiutava nulla, cosa che insegnò anche i propri frati, “tutto era lecito di quanto offerto”: pesce Luccio, pasticcio di gamberi, formaggi, uova e occasionalmente carni bianche. In una delle fonti biografiche, quella di Tommaso da Celano (1247), si legge che San Francesco, capitando il Natale di venerdì, ordinò ai frati di mangiare carne in quel giorno «in cui è nato il bambino».

Dunque, amava il lupo, predicava agli uccelli, aveva un agnellino che lo seguiva sempre ma prediligeva la misericordia al sacrificio.